sommario
1) Fortuna critica della Chiesa di San Pietro in Cavallermaggiore
di Giuseppe Carità
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2) Cavallermaggiore Chiesa di San Pietro, indagini archeologiche 2016-2018
di Sofia Uggè e Valentina Cabiale
1)
FORTUNA CRITICA DELLA CHIESA di SAN PIETRO in Cavallermaggiore
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di Giuseppe Carità
In questo disegno (redatto a fronte del frontespizio) si vede il profilo della città – come si può ancora vedere oggi venendo da Bra – al di là di alcune grosse differenze: la facciata e il campanile della chiesa di San Michele prima dei rifacimenti conseguenti al terremoto di fine Ottocento, i condomini degli anni Sessanta del Novecento, il grande volume della Pieve eretta (accanto al riconoscibilissimo campanile) tra fine Ottocento ed inizio Novecento….
Il XIX secolo
La Chiesa di San Pietro di Cavallermaggiore fu oggetto per la prima volta di studi ad opera – forse - di Marcello De Bernardi (1781-1857)1, secondo l’interpretazione che ne dette negli anni Sessanta del Novecento, Sebastiano Galletto: ma Pistone analizza con cura le ipotesi sull’autore del manoscritto, chiamando in causa pure il figlio Giuseppe che era nato nel 1824 ! Infatti – nel manoscritto intitolato -Notizie intorno a Cavallermaggiore e suoi dintorni – si hanno le prime informazioni storiche e storico-artistiche su questa antica chiesa, sorta come chiesa del priorato dei monaci benedettini della Novalesa.A partire da pagina 68 (i fogli sono numerati al recto), si parla della antica chiesa di San Pietro, a quell’epoca chiesa cimiteriale, in ottemperanza all’Editto di Saint Cloud (1804 e 1806) che proibiva l’uso dei sepolcreti all’interno delle chiese, prevalentemente per motivazioni igieniche: dopo l’Editto a Cavallermaggiore erano stati creati i cimiteri di San Pietro (per la parrocchia dei Santi Michele e Pietro) e di Salerie (per la parrocchia della Pieve: era il sito dell’attuale “area ecologica” per la vecchia strada del Foresto); sino al Concordato, le parrocchia del Foresto e di Madonna del Pilone non esistevano. Nel manoscritto l’autore aveva redatto disegni relativi all’esterno della chiesa.
La pianta del momento della redazione del manoscritto, con una ipotesi dell’originaria struttura - non però fondata sui dati del catasto figurato settecentesco (che la rappresentano più lunga di due campate) – . Non è rappresentato il campanile absidato, probabilmente scomparso da tempo [Non è neppure rappresentato nel catasto figurato settecentesco]
Un interno della chiesa cimiteriale, con le tre absidi ed i sepolcri (di cui si intravvedono tuttora i profili sulla parete nord); l’altare dell’abside centrale ha una grande ancona con ricca cornice terminante con volute contrapposte: non si comprende il soggetto dipinto sulla tela
racchiusa nella cornice. Ma sappiamo che rappresentava San Michele, opera di Giuseppe Chiantore, non reperibile 2. Ne parla Giovanna
Galante Garrone in Percorsi Storici.3
Fatto curioso: non appare il grande crocifisso scolpito ora conservato nella chiesa di San Michele, portato negli anni Venti in Comune dall’ allora podestà Attilio Bonino.Nel manoscritto sono pure raffigurati in disegno due dipinti dell’antica chiesa: i 5 santi della parete nord ed il crocifisso tra due santi situato sopra l’abside destra:
Nel 1887 l’Amministrazione Comunale, realizzato il nuovo ponte sul Maira, in muratura del 1854, promuove, sulla strada per Monasterolo, la costruzione del nuovo cimitero urbano, abbandonando i cimiteri parrocchiali di Salerie e di San Pietro: in quella occasione furono realizzate – all’angolo del campo sud-occidentale del nuovo impianto – due aiuole recintate da siepi di bosso, che custodivano le ossa dei campi comuni dei vecchi cimiteri; esse sono state distrutte per realizzare le cappelle di famiglia negli anni Duemila. Nel frattempo, con la Restaurazione – e la conseguente scomparsa, nel nuovo ordinamento del Regno di Sardegna, della normativa di Saint Cloud - anche l’uso del cimitero di San Pietro era stato molto modificato: le famiglie della nobiltà ricostituita e della borghesia che stava prendendo piede, avevano ripreso a seppellire i loro defunti all’interno della chiesa di San Pietro: così come testimoniano tuttora le lapidi dipinte o in marmo che sussistono.La lapide marmorea con dedica a Vittorio Filippi fu invece asportata e murata nel cortile del palazzo tra via Roma e via Fiume: la si può vedere dal portone carraio di via Fiume.
Il XX secolo
Con il XX secolo l’interesse per le opere d’arte conservate nell’antica chiesa del Priorato si arricchisce: in particolare l’avv. Attilio Bonino, divenuto podestà della città, e con profondi interessi storico-artistici, si occuperà in differenti occasioni dell’antica chiesa.Nell’anno 1924 l’avv. Bonino si farà promotore del trasferimento nella sede comunale (l’Amministrazione nel 1817 aveva acquisito Palazzo Garneri dal Monte di Pietà, cui era stato destinato per eredità, dall’ultimo esponente della famiglia) del crocifisso che descrive come arredo della “Chiesa Municipale di San Pietro”4: questo trasferimento fu spunto di gravi polemiche con l’allora priore dei Santi Michele e Pietro, don Giovanni Bonada, che non vide di buon occhio quella iniziativa! Il crocifisso restò nella sede comunale sino al 1954, quando fu requisito dalla Soprintendente Noemi Gabrielli per provvedere ad un qualche restauro. Quando fu restituito, nel 1962, trovò deposito nella prima campata sinistra della chiesa dei Santi Michele e Pietro 5. La stessa Galante Garrone ipotizza che la sede ottocentesca del crocifisso fosse proprio la chiesa di San Michele, in quanto, nel 1797 “un vecchio dozzinale Crocifisso” per iniziativa di don Lorenzo Fissore di Bra, fu sostituito con una ancona rappresentante San Michele, opera di Giuseppe Chiantore, non reperibile
Nel volume che il Bonino cura nel ‘26 sull’ arte si vedono pure interessanti studi sui dipinti della chiesa di San Pietro: ed è la prima volta che questi affreschi furono fotografati e studiati.Negli anni Trenta lo stesso Bonino promosse interventi di restauro della parete affrescata con i 5 santi: tracce di quegli interventi sono tuttora visibili nei ganci di rame che trattengono in alcuni punti la superficie affrescata al muro di supporto.Negli anni Sessanta, all’epoca in cui Don Sebastiano Galletto è viceparroco della parrocchia di San Michele, vengono fatti degli accertamenti su alcune pareti affrescate ma coperte da scialbo, sulla parete nord: ed appare la Pietà che intravvediamo in alto a sinistra.
Nel 1967 esce il volume su Cavallermaggiore ad opera di don Galletto, che farà uso sostanzialmente dei “cliché” utilizzati dal Bonino per le sue pubblicazioni (“cliché” che allora erano ancora, assieme ai libri ed ai dipinti, nella biblioteca di casa di Bonino accanto alla chiesa di San Rocco: poi, assieme ai libri della biblioteca ed alla collezione d’arte, furono lasciati dal Bonino al Comune di Savigliano 6
Nel 1979 fu organizzata la mostra per i 400 anni della fondazione della confraternita dei Battuti Neri, mostra che aveva tre sedi: chiese della Misericordia, di San Bernardino, di San Rocco; venne in visita alla mostra il presidente del Consiglio Regionale, avv. Viglione e fu pure portato a visitare San Pietro, dove – a cura del Comitato Permanente per la Tutela dei Beni Culturali, erano stati avviati lavori per la salvaguardia della chiesa e in vista di restauri agli affreschi: gli esperti avevano consigliato di provvedere a risanare le pareti murarie che avevano affreschi ed io avevo predisposto un piano di risanamento con canalette esterne per impedire l’umidità di risalita. E pertanto erano stati avviati scavi archeologici presso la chiesa
Alla vista degli affreschi si impegnò a deliberare fondi regionali per il restauro.
Furono così avviati, a partire dal 1981 – rimossa la ottocentesca recinzione lignea del presbiterio di fronte all’abside centrale, la cui collocazione aveva gravemente danneggiato i dipinti sui piedritti dell’arco trionfale dell’abside - lavori di restauro degli affreschi interni ad opera del restauratore milanese G. Fiume: una relazione su questi restauri appare nel contributo del 1990 di Giovanna Galante Garrone sul volume Percorsi storici: Mi pare importante qua segnalare che a lui si dovettero il tassello visibile sulla Pietà della parete nord ed i saggi che consentirono di rilevare tracce molto interessanti di affreschi romanici sulla parete interna dell’abside centrale: unico resto di decorazione romanica superstite dell’antica chiesa del priorato! 7
Negli anni Ottanta la Regione aveva disponibilità economiche ed io mi recavo spesso negli uffici della Cultura : andavo come rappresentante del Comitato di Tutela e in Assessorato c’eran molti amici e conoscenti con cui si organizzava il da fare!I lavori svolti in quegli anni sono poi confluiti in pubblicazioni a cura del Comitato che rendono conto di lavoro, non di chiacchiere….. Desidero in particolare ricordare gli esiti delle campagne archeologiche, con rilievi di carattere storico, artistico ed antropologico di rilievo superiore! Durante gli studi e gli scavi furono rintracciati bassorilievi di epoca longobarda…Gli scavi archeologici avvennero nel 1981 e nel 1983 ed interessarono le aree a nord ed absidali (est) della chiesa.
Quando si ripresero i lavori nel 2007, con un finanziamento delle fondazioni bancarie, l’obiettivo era quello di risanare la porzione di muratura a lato della porta di ingresso settecentesca e poi passare all’interno per creare i presupposti per una nuova pavimentazione: ma, avviati gli scavi, contemporaneamente alla risistemazione dell’area esterna, per creare un piccolo giardino officinale [dell’antico insediamento priorale benedettino non rimangono, ora, che una porzione della chiesa ed il lungo muro esistente tra l’area della scuola e la proprietà privata ad oriente della scuola – forse il muro che delimitava l’insediamento benedettino - ], fu con grande sorpresa che si trovarono le fondazioni di quello che doveva essere il campanile della chiesa romanica, con tanto di abside: La sistemazione dell’area del campanile assorbì più risorse del previsto ed i lavori interni vennero sospesi.8 Gli scavi del 1981 - 1983 furono poi editi nei quaderni della Soprintendenza Archeologica, e quindi gli studi comparati a livello regionale, furono pure editi nei volumi a cura di Mercando e Micheletto.9 I recenti lavori con gli scavi archeologici dell’interno della chiesa sono stati oggetto della relazione svolta dall’ispettrice dott.ssa Uggè e dagli archeologi che hanno svolto i lavori, svolta nell’ultima seduta prima di Natale!
Rilevamento delle fondamenta del campanile absidato.
fonte: Soprintendenza archeologica del Piemonte
Tombe medievali all'esterno del lato est.
​fonte: Soprintendenza archeologica del Piemonte
NOTE
1 G- PISTONE, Note biografiche su quattro cronisti locali, in G. CARITÀ e E. GENTA (a cura di), Percorsi storici, studi sulla città di Cavallermaggiore, Cavallermaggiore, 1990, p.267
2 Manoscritto di Giuseppe De Bernardi, edito da M. ALOCCO, in G. CARITÀ e E. GENTA (a cura di), Percorsi storici, studi sulla città di Cavallermaggiore, Cavallermaggiore 1990, p.443
3G. GALANTE GARRONE, Interventi di tutela e proposte di ricerca per la cultura figurativa di Cavallermaggiore, in G. CARITÀ (a cura di), Per i quattrocento anni della Misericordia,1579-1979, indagini e documenti sulla storia di Cavallermaggiore, Cavallermaggiore 1980, p. 89
4 A. BONINO, Storia della Città di Cavallermaggiore, L’Arte, Torino 1926, p. 195 G. GALANTE GARRONE, Interventi…, p. 89-100
5 G. Galante Garrone, Interventi…, p. 89-100
6 G. GALLETTO, Cavallermaggiore, storia, vita, arte, Cavallermaggiore 1967
7 G. GALANTE GARRONE, Arte a Cavallermaggiore tra ricerca e tutela. Dal Trecento al tardo manierismo, in G. CARITÀ e E. GENTA (a cura di), Percorsi storici, studi sulla città di Cavallermaggiore, Cavallermaggiore, 1990, p.385
8 E. MICHELETTO, Cavallermaggiore, chiesa di S. Pietro,. in “Quaderni della Soprintendenza Archeologica del Piemonte”, n° 23 del 2008, pp 200-201
9 L. MERCANDO e E. MICHELETTO (a cura di) , Archeologia in Piemonte, Il Medioevo, vol. III, Torino 1998, pp. 217-322
fonte:Quaderni della Soprintendenza archeologica Piemonte, 3 (1984)
2)
Cavallermaggiore. Chiesa di S. Pietro, indagini archeologiche 2016-2018
di Sofia Uggé e ValentinaCabiale
Articolo sugli scavi 2016-2018 in San Pietro
pubblicato su
Quaderni di Archeologia del Piemonte
n°3 2019 , pagina 264-267
e riprodotto per gentile concessione
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La chiesa dell’antico priorato di S. Pietro a Cavallermaggiore, ubicata in posizione decentrata rispetto al centro storico del paese, si presenta oggi come un piccolo edificio a tre navate, terminanti ad est con tre absidi semicircolari. Essa è stata infatti accorciata nel corso del XVIII secolo, quando per far posto al cimitero furono demolite la facciata originaria e tutta la metà anteriore, e venne creato l’ingresso sul lato meridionale, in corrispondenza della strada, ancora in uso.
La prima menzione esplicita è in una bolla di Eugenio III del 1152 (Bollea 1993, doc. 98, p. 130), nella quale la chiesa e l’annesso priorato, oggi scomparso, risultano dipendenti dall’abbazia benedettina di Breme in Lomellina. Le caratteristiche architettoniche e decorative permettono di ascrivere l’edificio all’età romanica (X-XI secolo) ma la presenza di due frammenti di cornice marmorea di età altomedievale, reimpiegati nelle murature, è indizio della possibile esistenza di una chiesa già nei secoli VIII-IX (Micheletto 1984, pp. 69-70; Crosetto 1993, p. 315, fig. 247); nelle murature è reimpiegato, inoltre, abbondante materiale laterizio e lapideo di età romana, tra cui un frammento di epigrafe del II secolo (Mennella, Bernardini 2002, pp. 182-183)
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L’esterno dell’edificio era stato interessato, negli anni 1981-1983, da limitati interventi di indagine archeologica lungo il lato settentrionale e nel settore retrostante le absidi, determinati dalla necessità di risanamento delle murature (Micheletto 1982, 1984); nel 2007 le operazioni di scavo lungo il lato meridionale, in corrispondenza dell’attuale ingresso, hanno permesso di ritrovare la base della torre campanaria di età romanica (Micheletto 2008).
Tra l’autunno del 2016 e la primavera del 2018, su committenza dell’Associazione San Pietro di Cavallermaggiore, sono riprese le indagini archeologiche: esse hanno interessato lo spazio interno (fig.1) in previsione della posa di un nuovo pavimento, parte di un più vasto progetto di restauro e recupero dell’intero edificio. Lo scavo è stato svolto da F.T.Studio s.r.l. , nelle persone di Valentina Cabiale, Elena Gallesio e Alessandra Cinti, che si è occupata anche dello studio antropologico. Infatti, poiché la chiesa è stata utilizzata come cimitero dal medioevo sino al XIX secolo inoltrato, su tutta l’area è stata messa in luce una fitta sequenza di sepolture (145 le tombe singole documentate); numerosissime anche le ossa sparse, negli strati di livellamento e di graduale rialzo del piano pavimentale, relative ad almeno altri 300 individui. Le sepolture più recenti sono in bara lignea all’interno di una cassa laterizia (sulla copertura della quale è spesso presente una croce realizzata con mattoni) o in fossa terragna e non hanno un orientamento prevalente; tra i rarissimi elementi di corredo, qualche crocetta o qualche piccolo crocifisso in bronzo.
Mentre nella metà ovest della chiesa l’indagine si è limitata alla documentazione, senza successiva asportazione, delle sepolture più tarde, nella metà est lo scavo archeologico è stato esaurito, raggiungendo il livello relativo alla fase di cantiere dell’edificio. Spesso le tombe più recenti insistono direttamente sui livelli relativi alla costruzione della chiesa, avendo determinato il rimaneggiamento o la totale rimozione della stratigrafia di età tardo e post-medievale. Gli unici settori non intaccati dalle sepolture tarde sono quello antistante l’ingresso attuale e l’abside centrale.
Nella navata sud, davanti all’ingresso, si è conservata una sequenza su tre livelli di tombe quasi esclusivamente infantili, databili in un arco cronologico compreso tra il XV e il XVII secolo. Le sepolture, una cinquantina, erano tutte in fossa terragna con cassa lignea, senza un orientamento prevalente. Nel livello superiore sei individui (di età compresa tra pochi mesi e 4 anni) sono stati deposti in fila a est del pilastro della chiesa, tutti con il capo rivolto verso nord; manca la metà inferiore dei loro scheletri, asportata dallo scavo di una tomba più recente. I bambini sembrano essere stati seppelliti in un arco di tempo piuttosto ravvicinato, sebbene non sia possibile stabilirlo con certezza in attesa dei risultati dello studio antropologico, essenziale anche per spiegare alcune sepolture anomale presenti in questo settore. Uno degli individui sub-adulti del livello inferiore, di circa 4 anni di età, è stato infatti deposto, adiacente al lato est del pilastro, in posizione prona, forse per scongurarne il ritorno tra i vivi. Un’altra sepoltura, sempre orientata nord/sud, di un giovane uomo, è invece priva del bacino e della scapola destri, ossa che potrebbero essere state tolte intenzionalmente, forse con funzione rituale, quando il defunto era già scheletrizzato.
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A un’epoca precedente rispetto a quella delle sepolture infantili risale la fossa di fusione della campana, le cui tracce sono affiorate nella navata centrale accanto al pilastro meridionale della chiesa. Nella fossa a pozzetto verticale (d. 130 cm) verosimilmente è avvenuta la cottura degli stampi e la colata del bronzo fuso; la buca, per la forma e per l’assenza di tracce di rubefazione sulle pareti e di condotti di alimentazione, è assimilabile al modello di fossa di fusione “Biringuccio 1” descritto da E. Neri (Neri 2006). Sul fondo, al centro, si sono conservati i resti del combustibile bruciato, probabilmente i carboni messi a diretto contatto con il maschio per la sua cottura, mentre intorno è riconoscibile una fascia anulare di cenere e carboni depositatesi forse durante la cottura della camicia esterna. L’ingombro dello stampo esterno della campana ricostruibile ha diametro di 85 cm. (fig.2)
La fossa è stata ritrovata interrata da un riporto argilloso sigillato in superficie da uno strato di frammenti di argilla concotta e numerose scorie bronzee relative probabilmente alle fasi di rifinitura del manufatto. I frammenti degli stampi in argilla, che sono stati rotti dopo la colata del bronzo al fine di estrarre la campana, non sono stati ritrovati e devono quindi essere stati smaltiti altrove. La fossa era molto vicina al campanile, la cui base è stata ritrovata, nel 2007, all’esterno del perimetrale meridionale della chiesa. Alcuni residui di battuti in argilla rubefatta individuati nella navata sud e davanti all’altare moderno sono quanto resta del piano di lavorazione relativo alle fasi di realizzazione della campana. Mancano elementi precisi di datazione; la sequenza stratigrafica, tuttavia, indica che la realizzazione della campana è precedente rispetto alla costruzione del pilastro della chiesa. La fondazione di quest’ultimo, infatti, ha tagliato il riempimento della fossa della campana; non si può escludere tuttavia che i due eventi risalgano alla medesima fase di cantiere e/o di ristrutturazione della chiesa. A loro volta, i pilastri attualmente visibili non paiono ascrivibili all’età romanica, come sembra suggerire il fatto che in un sondaggio di scavo, a un metro circa di profondità, è stata trovata una sepoltura tagliata di netto dalla fondazione di uno di essi; ulteriori precisazioni potranno essere fornite solo dai risultati della datazione al 14C dell’inumato.
Sempre nella navata centrale, la costante rimozione delle sepolture più antiche per fare spazio a quelle nuove determinò, nel XVIII o inizio XIX secolo, lo scavo di una grande fossa rettangolare utilizzata come ossario; ne è stato documentato solo il limite orientale (L. 2 m), ma sembra probabile che essa occupasse uno spazio consistente della navata.
A circa 1 metro di profondità è stato raggiunto il livello archeologico più antico, relativo alla fase di costruzione della chiesa in età romanica. In quest’epoca la chiesa aveva, almeno nella zona presbiteriale, un pavimento in lastre di pietra e marmi di reimpiego, di cui sono affiorati alcuni lacerti davanti all’altare moderno. L’uso di elementi di reimpiego, soprattutto di età romana, sembra essere stato molto diffuso: ne sono testimonianza anche una base modanata, forse di colonna, emersa lungo il perimetrale meridionale , e una grande lastra in pietra grigia conservata nei pressi del pilastro meridionale.
Alla fase romanica dovrebbe risalire anche la sepoltura di una donna in semplice fossa terragna rinvenuta nella navata nord, con orientamento est/ovest. La sepoltura è stata rimaneggiata da successivi scavi e manca delle braccia e del cranio. Durante lo scavo, tra le costole, è stato ritrovato un denaro pavese in argento di età ottoniana (962-1002), attualmente in corso di restauro. La tomba più antica rinvenuta nella navata centrale è posta in posizione di grande privilegio al centro dell’abside e contiene lo scheletro di un uomo forse deposto entro sudario, senza bara lignea; la fossa è stata scavata a partire da un piano di età basso o tardo-medievale, di cui rimane una porzione del vespaio in ciottoli lungo il muro absidale, dietro l’altare moderno.
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Nella navata meridionale, invece, sono state rinvenute, interrate a una notevole profondità, tre sepolture maschili allineate e parzialmente sovrapposte, deposte in successione; la relazione tra queste tombe fa pensare che esistessero, in superficie, dei segni di riconoscimento e di individuazione delle sepolture. I tre individui sono deposti in una semplice fossa terragna; nel terreno di riempimento della sepoltura più antica è stato ritrovato un denaro in argento, probabilmente del XIV secolo (ulteriori precisazioni saranno possibili al termine della pulitura della moneta; si ringrazia il collega F. Barello per questa prima lettura dei reperti numismatici).
Le sepolture delle fasi più antiche, oltre a rispettare tutte quante l’orientamento canonico est/ovest, sono poche rispetto a quelle delle fasi postmedievali e moderne, almeno nel settore della chiesa indagato: è quindi possibile che in età medievale lo spazio interno fosse riservato a pochi individui selezionati, mentre dovevano essere più numerose le deposizioni all’esterno dell’edificio, come misero in luce gli scavi archeologici effettuati nei primi anni Ottanta.
Infine, le indagini archeologiche hanno inoltre messo in luce alcuni muri di epoca preromanica/altomedievale, rasati a livello di fondazione (fig. 1). In particolare, si sono conservati due tratti allineati di muro in pietre e malta, orientati nord-sud, tagliati poi dallo scavo delle fondazioni dei perimetrali nord e sud della chiesa romanica. Gli elementi a disposizione non consentono di attribuire tali strutture a un edificio religioso, la cui presenza è indiziata da tempo dal ritrovamento dei frammenti scultorei, di cui sopra si è detto.
Forse nuovi dati interpretativi si avranno nel corso del proseguimento delle ricerche. In sinergia con l’Amministrazione comunale di Cavallermaggiore, e grazie al sostegno della Compagnia di San Paolo, si sta infatti definendo un vasto progetto di riqualificazione della Piazza Baden Powell, che si estende lungo il lato meridionale della chiesa di S. Pietro, dove dovevano svilupparsi, verosimilmente, i corpi di fabbrica dell’antico priorato. Al fine di orientare la progettazione definitiva, si è concordato di effettuare preliminarmente, su tutta l’area circostante la chiesa, un’indagine geofisica con l’impiego del metodo georadar. Essa servirà ad accertare la presenza di strutture archeologiche nel sottosuolo, che si auspica di poter precisare in seguito attraverso nuove indagini archeologiche.
Bibliografia citata
Bollea L.C. 1993. Cartario dell’abazia di Breme, Torino (BSSS, 127).
Crosetto A. 1993. Croci e intrecci: la scultura altomedievale, in Archeologia in Piemonte, III. Il Medioevo, a cura di L. Mercando - E. Micheletto, Torino, pp. 309-323.
Mennella G. – Bernardini E. 2002. Regio IX, Liguria. Pollentia, in Supplementa Italica, n.s., 19, Roma, pp. 131-189.
Micheletto E. 1982. Cavallermaggiore. Priorato di S. Pietro, in Quaderni della Soprintendenza Archeologica del Piemonte, 1, p. 161.
Micheletto E. 1984. Indagine archeologica nel priorato di San Pietro di Cavallermaggiore (CN), in Quaderni della Soprintendenza Archeologica del Piemonte, 3, pp. 67-76.
Micheletto E. 2008. Cavallermaggiore, chiesa di San Pietro, in Quaderni della Soprintendenza Archeologica del Piemonte, 23, pp. 200-201.
Neri E. 2006. De campanis fundendis. La produzione di campane nel medioevo tra fonti scritte ed evidenze archeologiche, Milano.